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arrowLa riforma della PA ha preso forma: “Obiettivo efficienza” - Fixing intervista il Segretario Tonnini

Daniele Bartolucci intervista il Segretario Tonnini

 

Un percorso a step, con un obiettivo chiaro: recuperare efficienza e implementare il controllo di gestione. La riforma della Pubblica Amministrazione è arrivata infatti quasi all’ultima tappa, ovviamente con il classico arrivo in salita, visto che a completare l’operazione ci sarà il rinnovo contrattuale e il passaggio al nuovo regime. “Ma ci arriveremo forti di un accordo già sottoscritto con le parti sindacali”, spiega il Segretario agli Interni, Elena Tonnini, “e soprattutto dopo un lungo confronto con le stesse per costruire gli altri interventi normativi, che”, sottolinea, “sono sì delle tappe, ma dello stesso percorso e realmente collegate tra loro. Come ad esempio l’aver dato più autonomia e responsabilità ai Dirigenti, da una parte, ma anche aver istituito la valutazione del loro operato, dall’altra”.

Nel mentre, tante le novità già in vigore (come gli accorpamenti degli Uffici e l’introduzione delle Posizioni Organizzative-PO, più simile all’organizzazione degli enti italiani; oltre al meccanismo automatico di stabilizzazione dei precari in mancanza dei concorsi, che ora per legge vanno pianificati un anno sull’altro) e altre in arrivo, a partire dalla valutazione delle prestazioni dei dipendenti e alla possibilità di gestire e modificare anche gli orari di lavoro.

Partiamo dunque dall’inizio, quali erano le criticità che avevate evidenziato e su cui siete voluti intervenire?

“C’erano criticità, ma anche potenzialità inespresse. Il ragionamento che abbiamo fatto e che era già nel programma di governo, non è certamente partito dal tagliare meramente costi con il rischio di ridurre i servizi, bensì di ridare efficienza a tutta la struttura, ottimizzando risorse e, quindi, anche i costi. C’è, in questo senso, un allineamento al privato, laddove certe dinamiche virtuose siano comuni. Quello che va ancora implementato, è il controllo di gestione: da una parte per monitorare le performance e individuare dove investire per migliorare, dall’altra per responsabilizzare maggiormente le figure apicali – e non solo quelle – evitando di trovarsi nella spiacevole situazione che non si capisca chi deve fare cosa, perché poi alla fine le cose non si fanno e non è mai imputabile a nessuno”.

Per questo siete partiti dai Dirigenti?

“Avevamo l’esigenza di dare a queste figure più responsabilità e lo abbiamo fatto, ma con una logica molto chiara: abbiamo prima di tutto dato loro più autonomia, sia a livello di spesa economica, sia sulla gestione del personale, compresa la parte disciplinare. In pratica, abbiamo conferito funzioni e prerogative sempre più manageriali, le stesse, di contro, che vengono ora richieste anche nei concorsi pubblici. Concorsi che non sono più basati solo sui titoli e sulla semplice conoscenza di norme, ma anche su prove attitudinali e motivazionali che mettono alla prova competenze e soft skill oggi indispensabili al ruolo di Dirigente pubblico, soprattutto per quanto riguarda la gestione del personale. Dall’altra parte, però, questa autonomia non deve trasformarsi in arbitrarietà: per questo abbiamo istituito la valutazione dei Dirigenti, sia per quanto riguarda le premialità, sia ovviamente le sostituzioni. Se si raggiungono gli obiettivi, il premio di produzione è proporzionale a loro raggiungimento ed il rinnovo è automatico, ma se non si raggiungono, si cambia”.

Si potrebbe quindi dire che i Dirigenti dipenderanno anche dai risultati dei propri dipendenti?

“Si tratta di un cambio di mentalità importante, perché deve diventare un lavoro di squadra. Il Dirigente viene incentivato a raggiungere gli obiettivi e quindi a farli raggiungere ai suoi dipendenti, che a loro volta dovranno essere incentivati anch’essi ed è ciò che vogliamo fare con l’istituzione della valutazione del raggiungimento degli obiettivi anche per i dipendenti.”

 

Anche la scelta della “squadra” a questo punto diventa fondamentale?

“Certamente, ed è ciò che abbiamo previsto nel Decreto 213 varato a fine 2021 (ratificato con DD 10/2022). Non è più la politica, o meglio il legislatore, a decidere quante e quali figure responsabili servono ad ogni singolo Ufficio o a interi Dipartimenti, ma sono appunto i Dirigenti a evidenziare le necessarie Posizioni Organizzative, perché –sono loro – nel rispetto della soglia numerica massima stabilita dal fabbisogno – a conferire tali incarichi (a tempo determinato per un periodo sino a tre anni, con provvedimento scritto e motivato, ndr). In pratica, quell’autonomia organizzativa che dicevamo prima, tanto funzionale quanto necessaria per il raggiungimento degli obiettivi”.

Anche sui dipendenti hanno più poteri?

“Siamo intervenuti su due livelli, in questo senso. Il primo livello è quello della mobilità dei dipendenti, non più solo volontaria ma ora anche d’ufficio. Ciò significa che il Dirigente, in accordo con il Direttore di Dipartimento, laddove riscontri carenze di organico in un Ufficio o necessiti, per carichi di lavoro stagionali e quindi anche temporanei, può spostare determinate figure da un Ufficio all’altro. Si tratta di uno strumento di flessibilità importante, che permette ai Dirigenti di gestire al meglio l’organizzazione interna. In altre parole, il principio della inamovibilità dei dipendenti pubblici, sinora solo enunciato, è stato concretamente previsto e declinato in termini di libera possibilità di spostamento dei dipendenti fra le UO afferenti al Dipartimento”.

Mentre a livello disciplinare, cambia qualcosa?

“Questo è l’altro livello di intervento su cui ci siamo concentrati in questi mesi, con il testo già depositato in prima lettura e ora al vaglio della Commissione. Un testo che parte dalla riformulazione del procedimento, che sarà unico per tutti dipendenti pubblici senza più distinzione fra pubblico impiego e cosiddetto contratto privatistico: non ci sarà più un magistrato a capo della commissione disciplinare e questa sarà paritetica tra la parte datoriale e sindacale. Dall’altra parte, abbiamo definito che il Dirigente non solo applica le sanzioni, ma avvia l’azione disciplinare vera e propria e decide in caso di ammonizione e censura. In quest’ultimo caso però deve acquisire anche il parere del Direttore Risorse Umane e Organizzazione o, nel caso dell’ISS, del Direttore Generale. Viene inoltre introdotta la possibilità di licenziamento a seguito di insufficiente rendimento protratto per oltre due anni”.

Su quest’ultimo aspetto, si entra dunque nell’ottica di abbandonare l’idea del “posto fisso” anche a San Marino?

“L’accordo con i sindacati impegna a definire anche questo aspetto nell’ambito del rinnovo del contratto di pubblico impiego. Riguardo al personale temporaneamente o definitivamente in esubero o soprannumerario, infatti, si è stabilito che si farà di tutto per ricollocarli in altri Uffici, anche con l’attivazione di percorsi di riconversione professionale, ma laddove questa ricollocazione non sia effettuabile, viene previsto il trattamento retributivo ridotto conseguente all’astensione totale o parziale dal lavoro, che comunque dovrà avere una durata massima di godimento da concordare con i sindacati”.

Dall’altra parte, però, arriveranno stabilizzazioni, nuovo contratto e anche i premi di produzione, giusto?

“L’obiettivo è l’efficienza, non mandare via le persone. Per questo agiremo, in fase di rinnovo contrattuale, sulla revisione della struttura retributiva relativa al “nuovo regime” che prevedrà la retribuzione di base, quella di posizione (ove prevista) e la retribuzione di risultato ove conseguita a seguito di valutazione, oltre alla revisione degli scatti di anzianità. Inoltre, agiremo anche sulle carriere, in particolare quelle scolastiche, perché ci sono effettivamente delle anomalie che vanno corrette, istituendo una progressività che vada dalle Scuole dell’Infanzia a salire fino all’Università. Non è solo una questione di riequilibrio, ma anche di attrattività del sistema stesso”.

Attrattività che si traduce in assunzioni?

“Se vogliamo rilanciarne l’operatività in funzione del ruolo che ha e potrebbe avere per cittadini e imprese, occorre fare gli investimenti necessari, sia in strumenti e infrastrutture, penso ad esempio alla digitalizzazione, ma soprattutto nelle competenze, ovvero nelle persone che dovranno usare questi strumenti e dovranno erogare i servizi all’utenza. In tal senso, per noi c’è e ci deve essere solo una strada: i concorsi. Ma non basta dirlo, bisogna farlo e soprattutto programmarlo. È vero che c’è il fabbisogno, ma è altrettanto vero che ogni anno va fatta la copertura di quel fabbisogno ed è previsto che si faccia a settembre, per dare modo di pianificare, entro dicembre, i concorsi necessari da fare l’anno successivo. Tali concorsi vanno inseriti nel piano annuale e devono essere proprio i Dirigenti, insieme ai Direttori di Dipartimento, a segnalare queste coperture e i concorsi necessari, perché la responsabilità ricade in capo a loro. Anche per quanto riguarda il meccanismo automatico di stabilizzazione, perché se, dopo il tempo limite, non sono stati fatti i concorsi per quel ruolo, ma quel ruolo è necessario perché una persona ha continuato a lavorarci, quella persona viene stabilizzata e di questo se ne terrà conto nella valutazione del Dirigente. Come detto, sono state tappe di un unico percorso di riforma, sono interventi collegati tra loro”.

 

FONTE: Fixing
https://sanmarinofixing.com/2022/07/27/la-riforma-della-pa-ha-preso-forma-obiettivo-efficienza/?fbclid=IwAR1VZFvT-74e8PgfMVhSY45TV-LhtqJG6mlNdUcj3MfVU03ADhoTpdg0teE

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